Luca Maroni è il padre de I Migliori Vini Italiani, il festival itinerante che da anni gira il mondo presentando le eccellenze vinicole del nostro Paese e che ha tagliato la sesta edizione romana pochi giorni fa dal 14 al 17 febbraio al Salone delle Fontane. Ma non solo. Oltre ad essere il primo privato ad aver concepito grandi appuntamenti dedicati ai migliori vini italiani (ha organizzato eventi a Roma, Parma, Milano, Torino, New York, Monaco, Mosca e in molte altre città del mondo), Luca ha selezionato i vini nostrani offerti in occasione del G8 del 2009 e delle Olimpiadi di Londra del 2012, è autore della voce “degustazione del vino” sull’Enciclopedia Italiana Treccani, ha fama di aver degustato oltre 350.000 vini e ha da poco pubblicato “Leonardo da Vinci e il vino” (Sens), un volume affascinante dove lui stesso racconta del profondo legame che c’è sempre stato tra il genio toscano e l’arte vinicola. Ho provato a saperne qualcosa in più sulla sua attività di divulgatore culturale e sul suo metodo scientifico di degustazione basato sulla piacevolezza del vino.
Si è appena chiusa la sesta edizione romana dei suoi Migliori Vini Italiani. Che impressioni le ha lasciato?
Una grande felicità intima giacché vedere migliaia di appassionati e operatori romani conoscere personalmente i produttori di vino e apprendere dalla loro voce le caratteristiche organolettiche dei loro vini è uno spettacolo di cultura e umanità applicata.
In cosa differisce la produzione vinicola italiana rispetto al resto del mondo?
Varietà di vitigni e vini ineguagliabile, qualità su quantità, mirabile rapporto qualità/prezzo e sanità dei vini.
L’evento del 2019 ha coinvolto oltre 140 produttori di tutto il Paese. Come sono stati scelti?
Io invito a partecipare tutti i produttori i cui vini ho assaggiato durante l’anno, premiando durante la serata di gala i vini migliori per categoria.
Lei ha pubblicato da pochissimo “Leonardo da Vinci e il vino” (Sens). È sorprendente il fatto che in pochi prima di questo libro abbiano sottolineato il rapporto (stretto, a quanto pare) tra il Genio di Vinci e l’arte enologica.
È effettivamente strano ma la dimensione artistica e scientifica di Leonardo è così importante da predominare su altri aspetti della sua personalità. Specialmente su quelli intimi come il vino. Ma Leonardo è Leonardo in qualsiasi campo si applica e anche nella viticoltura e nell’enologia ha rivelato di essere circa 500 anni in anticipo rispetto ai suoi contemporanei.
(Francesca Romana Maroni e Luca Maroni)
Da dove nasce la sua passione per Leonardo?
Dal fatto che il vino ci svela l’animo umano, lo spirito personale di Leonardo, ammirato e innamorato della natura, delle viti e delle uve, frutto perfetto da cui si ottiene un odorifero e soave livore dell’uva.
È possibile attuale un “nuovo Rinascimento” del vino basandosi sugli scritti e sugli appunti di Leonardo relativi alla coltivazione delle viti?
Certamente, ed è ciò che hanno appena finito di fare le Cantine Leonardo da Vinci, desumendo da un suo scritto il “Metodo Leonardo” per produrre uve e vini eccellenti. Con la tecnica e le tecnologia di oggi hanno attualizzato e reso applicabile il metodo produttivo individuato e delineato da Leonardo nei suoi scritti.
Che relazione c’è tra la bontà di un ottimo vino e l’arte di Leonardo?
È una questione di equilibrio, ovvero di armonia sensoriale fra le varie sensazioni accese dal vino (morbidezza, acidità e amaro del gusto) e di integrità degli aromi. Il vino deve presentare le stesse identiche caratteristiche sensoriali, limpide e non ossidate, delle uve compositive. Così i suoi quadri, veridici come primi, proporzionati e armoniosi come tutto in natura.
Mi spiega l’assioma “qualità del vino = piacevolezza del suo sapore”?
Un vino è buono se piace ai sensi, se risulta piacevole nel suo entrare a contatto con il nostro olfatto e palato. Se il vino non risulta piacevole ai sensi, il problema non è che chi lo degusta non è capace di degustare, il problema è del vino, che avendo bassi livelli di consistenza, equilibrio e integrità del gusto è di scarsa qualità analitica e perciò sgradevole ai sensi.
Lei ha fama di aver degustato oltre 350.000 vini. Si ricorda qual è stato il primo?
No, ma ricordo i primi 2 vini-frutto (vini di qualità sensoriale assoluta) italiani mai incontrati: il Sassicaia 1985 e lo Chardonnay Regaleali 1988.
Quali sono i prossimi appuntamenti con “I Migliori Vini Italiani”?
Prowein a Dusseldorf a marzo, poi Torino e Mosca a maggio…
Autore Paolo Gresta
Fonte The Parallel Vision
27 Febbraio 2019